giovedì 24 dicembre 2020

Un anno sull'altipiano


Questo Natale volevo consigliare, per chi non lo avesse già letto, un capolavoro di Emilio Lusso. Un anno sull'altipiano.

Un libro che si legge tutto d'un fiato. Ambientato sull'altipiano di Asiago durante la prima guerra mondiale. Questo è il diario di un ufficiale della pluridecorata brigata Sassari.

Un racconto crudo, algido, sarcastico di un combattente dotato di un'umanità e un intelletto di prim'ordine. Un diario di guerra e sensibilità che esula dal contesto. Non fatevi spaventare dal momento storico. Le lezioni di vita che recepiamo attraverso i racconti fattuali di Lusso sono senza tempo. Estreme e profonde come solo l'essere umano al limite della sua esistenza può provare. O come lui scrive : "Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti in cui, la vita pesa più dell'attesa della morte".

Pensando ad oggi, ai nostri lockdown, ai regimi tecnico scientifici, alle esasperazioni propagandistiche dei media, leggiamo come anche nelle trincee le notizie pubblicate fossero anni luce distanti dalla realtà e di come non si debba disperare di fronte alle difficoltà : " La vita di trincea, anche se dura, è un'inezia di fronte ad un assalto. La morte è un avvenimento normale e si muore senza spavento. Ma la coscienza della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la precedono. Nella vita normale della trincea, nessuno prevede la morte o la crede inevitabile; ed essa arriva senza farsi annunciare, improvvisa e mite. In una grande città d'altronde vi sono più morti d'accidenti imprevisti di quanti ve ne siano nella trincea di un settore d'armata. Anche i disagi sono poca cosa. Anche i contagi più temuti. Lo stesso colera che è ? Niente. Lo avemmo fra la 1ª 2ª armata, con molti morti, e i soldati ridevano del colera. Che cosa è il colera di fronte al fuoco d'infilata di una mitragliatrice?"

E riguardo ai pochi libri che era riuscito a portare con se, i fiori del male di Baudelaire e l'Orlando furioso di Ariosto, l'analisi e sintesi è perfetta : "Ariosto era un po' come i nostri giornalisti di guerra, e descrisse cento combattimenti senza averne visto solo uno. Ma che grazia nel mondo dei suoi eroi. E' il genio dell'ottimismo. Baudelaire è l'opposto. Egli aveva bisogno di bere per stordirsi e dimenticare. La vita era, per lui, ciò che era per noi la guerra. Ma quali scintille di gioia umana sgorgano dal suo pessimismo !"

Sul ruolo dell'Alcol, gli ufficiali e i soldati spesso storditi dal cognac e grappa, l'incontro con il Colonnello Abbati ormai consumato, bruciato dalla guerra : "Sono un uomo finito. Fra poco mi faranno generale. Generale per merito di cognac. Il colonnello Abbati è riuscito ad uccidere il senso della guerra, ma il cognac ha ucciso il colonnello Abbati. Questa non è la guerra di fanterie contro fanterie, di artiglierie contro artiglierie. E' la guerra di cantine contro cantine, barili contro barili, bottiglie contro bottiglie"

E' stato tratto un film da questo capolavoro. "Uomini contro" di Francesco Rosi del 1970. Non me ne voglia il grandissimo Gian Maria Volonté ma rispetto al libro il film è una merdata. Qualche grande regista o produttore, anche estero se i nostri non sono capaci, dovrebbe riprendere in mano questo racconto. E' materiale cinematografico puro, vero. 

In aggiunta qui sotto trovate anche una bellissima poesia di Baudelaire citata da Lusso nel libro:

E con questa, buon Natale e Buon Brindisi.

                                                    

                                                        Il vino degli straccivendoli


Spesso, al lume rossastro d’un lampione che il vento
percuote al punto che la fiamma regge a stento,
dentro il vecchio quartiere, labirinto fangoso,
dove il genere umano brulica tempestoso,

va uno straccivendolo, con la testa che dondola:
se ne viene inciampando, come un poeta urtando
contro i muri, incurante di spioni, a lui soggetti.
L’animo suo si effonde in gloriosi progetti.

Detta leggi sublimi, pronuncia giuramenti,
dà giustizia alle vittime, atterra i prepotenti.
E’ sotto il baldacchino del grande firmamento
gusta l’ebbrezza della propria virtù splendente.

Ecco, quelli che soffrono di domestici affanni,
rotti dalla fatica, tormentati dagli anni,
sfiniti e curvi sotto il mucchio di rifiuti
che l’enorme Parigi confusamente sputa,

tornano, e hanno addosso l’odore della botte,
seguiti da compagni, veterani di lotte,
i grandi baffi penduli come vecchie bandiere.
Appaiono stendardi, archi di trionfo, fiori,

per grandiosa magia sorti dinanzi a loro:
nel frastuono e nell’orgia fremente di tamburi,
di squilli, di richiami, nel chiassoso splendore,
regalano la gloria a genti ebbre d’amore.

Così, fulgido Pattolo, il vino in mezzo al coro
dell’Umanità frivola fa trascorrere l’oro,
nella gola dell’uomo le sue avventure canta:
poiché profonde doni, come un vero regnante.

Per spegnere il rancore, cullare l’indolenza,
di quei vecchi che muoiono, maledetti, in silenzio,
Dio, pentito, creò il sonno, le sue fole.
L’Uomo vi aggiunse il vino, sacro figlio del Sole.