giovedì 17 dicembre 2020

Perché il regime Sanitario è più simile al Comunismo (Cinese) che al Fascismo.


 

Nel post del 3 Dicembre (Da Hegel a Kojeve verso il Capitalismo Autoritario) ho scritto di come questa forma ibrida di capitalismo autoritario Cinese si stia imponendo sul mondo occidentale e se ne uscirà trionfante o meno.

Ma perché di fronte a questo regime sanitario e continuo abuso di dpcm (il parlamento è praticamente una scatola vuota) parlo di Comunismo e non di Fascismo ?

Non è per faziosità ma per semplice analisi storica. 

Il totalitarismo Comunista prevedeva una rivoluzione iniziale seguita da una sottomissione dei cittadini al Partito Unico e allo Stato come entità suprema.

Nella sua variante Trotzkista la rivoluzione doveva non cessare mai ed essere continua (Lotta Continua). Questa idea di Comunismo è filosoficamente certamente più romantica ma ancora meno proponibile di quella Staliniana. 

I cittadini sotto un regime Comunista assolutista diventano quindi agenti passivi

Esattamente come noi oggi.

Questa è la grande differenza con il fascismo che invece imponeva azioni e movimento. 

Il fascismo, per raggiungere il suo scopo, la creazione di un uomo nuovo, imponeva azione e attivazione dei cittadini dall'infanzia all'età adulta. 

Figli e Figlie della Lupa (6 – 8 anni). Balilla (8 – 10 anni), Balilla Moschettieri (11 – 12 anni), Piccole Italiane (8 – 14 anni). Avanguardisti (13 – 14 anni), Avanguardisti Moschettieri (15 – 17 anni), Giovani Italiane (15 – 17 anni). Giovani Fascisti e Giovani Fasciste (18 – 21 anni) ecc...

Interessante l'analisi di Hans Kohn dal suo libro del 1964 Politiche e ideologie del ventesimo secolo.

Il Comunismo è il prodotto di un'imposizione autoritaria di un gruppo dirigente relativamente ristretto e con lo scopo di mantenere o restaurare un determinato assetto politico sociale e a questo fine non puntano sull'attivizzazione delle masse ma, al contrario, sulla loro passività (esattamente quello che viviamo noi oggi).

Il Fascismo invece mira ad un nuovo ordine politico sociale e attivizza (almeno su alcuni piani e in determinati momenti) a questo scopo le masse interpretando la loro immaturità, crisi morale, senso di delusione e cinismo.

P.S.

Non è strettamente correlato con l'argomento ma oggi sono passato in libreria e ho visto un libro, recentemente uscito, alla 18° ristampa. Un grande successo quindi. Il libro in questione dovrebbe essere un chiarimento storico sul ruolo del fascismo e, a dire dell'autore, "sulle idiozie che continuano a circolare sul fascismo" da qui il titolo "Mussolini ha fatto anche cose buone".

L'autore è un ragazzo ancora relativamente giovane e questo la dice lunga sulla poca cultura e oggettività storica che ancora regna in Italia. Leggendo la faziosità di alcune pagine sembra che la guerra civile non sia ancora terminata.

Partiamo da un punto di vista filosofico, se il fascismo non ha fatto nulla di buono allora ha fatto tutto male e quindi rappresenta un assoluto. Questo non può essere a meno che Mussolini non sia spirito al di sopra di ogni differenza e opposizione finite, non condizionato dalle forme del conoscere finito, trascendente, pensato come concetto limite ed inconoscibile nella sua natura. 

Direi proprio non sia il caso...

Ma torniamo al contesto storico e alla disinformazione. Riguardo al ruolo del fascismo nella storia, alle "cose buone" che evidentemente, oggettivamente ci sono state, vorrei citare qui sotto Matthews Herbert e il suo "I frutti del fascismo" del 1946:

"A molti tra noi, anche nei nostri paesi democratici, è capitato qualche volta di dire che quello che ci occorreva era un altro Mussolini. Erano i giorni in cui i turisti e gli osservatori di ritorno dall'Italia osavano far rilevare che i treni giungevano in orario, che gli scioperi erano cessati, e che gli Italiani avevano smesso di incendiare edifici o di rompersi la testa combattendo nelle strade. Chi è, ora, incline a ridere di queste ingenue persone, farebbe bene a pensare a quei più recenti anni di appeasament (rappaciamento) in cui l'Asse aveva indotto milioni di persone, in tanti paesi, a credere che il futuro del mondo gli appartenesse, che i poveri vecchi democrazia e liberismo stessero morendo, e di aver inaugurato un nuovo, giovane e vigoroso, modo di vivere"

Su questo passaggio Renzo de Felice, uno dei massimi storici mondiali del fascismo scriveva nel 1969:

"L'opera del Matthews (giustamente elogiata dal Croce) è oggi, in genere, dimenticata dagli studiosi del fascismo Italiano. Al contrario, essa si raccomanda ancora per il suo equilibrio e la sua acutezza, ancor più notevoli se si pensa al periodo in cui fu scritta e pubblicata (1946), quando ogni discorso sul fascismo procedeva per schematizzazioni, spesso grossolane, e all'insegna della demonologia più sfrenata".

Evidentemente nel 2020, dato il successo di certi libri, siamo ancora fermi a queste faziose grossolane schematizzazioni.