venerdì 25 ottobre 2013

Analisi del film "L'uomo del banco dei pegni"




A Cura di Guido Rovatti


<<Se con l'Olocausto Dio ha scelto di interrogare l'uomo, spetta a questi rispondere con una ricerca che ha Dio per oggetto. >> (Elie Wiesel)
Questa di Elie Wiesel è una frase dura, una frase che trasuda non accettazione, incomprensione, sdegno.
Dopo “Auschwitz”, il giudizio dell’uomo sull’uomo è irreversibilmente mutato; dopo “Auschwitz”, il giudizio di molti uomini su Dio è irreversibilmente cambiato.
Il cinema più volte ci ha mostrato e descritto i terribili eventi che colpirono la popolazione ebraica sotto il regime nazista,elencarli tutti sarebbe pressoché impossibile, e quindi, quasi certamente ingiusto data l’incompletezza

In questa scheda sul Cinema, concentreremo la nostra attenzione su un film molto particolare diretto dal grande regista Sidney Lumet (regista 5 volte nominato per gli oscar, mai vincitore. Per una lista completa sui grandi oscar mancati del cinema vi invito a leggere questo mio articolo pubblicato di recente), il film in questione si chiama “L’uomo del banco dei pegni”.

Introduzione al Film:
Sol Nazerman,ex insegnante, ebreo tedesco scampato ad un lager nazista, amministra implacabilmente un negozio di pegni nel quartiere povero di Harlem. Ogni giorno numerose persone ridotte in miseria impegnano i loro averi presso il suo banco dei pegni.
L'uomo, emigrato in America con sua cognata ed il consorte (entrambi ex internati), ha un rapporto molto particolare con il genere umano (e più in generale coi sentimenti).
Nel corso della narrazione, il pubblico prende coscienza di cosa sta dietro al protagonista, la cui psicologia è magistralmente introdotta e poi svelata dal regista attraverso un uso perfetto del Flashback.
Rod Steiger supera sé stesso nell’interpretare il ruolo del protagonista: una vita che non è una vita, una vita incapace di provare qualsiasi sentimento confina l’animo in una gabbia ovattata, senza scampo: è il deserto dell’anima.
Sidney Lumet firma insieme al protagonista (Orso d'argento a Berlino) un capolavoro assoluto (nel 2008 il film è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli U.S.A.).
Chi conosce Lumet, sa che gran parte della sua filmografia gravita attorno ad un concetto assai complicato e nevralgico: la “Giustizia” e la sua interpretazione.(“Serpico”,”La parola ai giurati”, “il Verdetto” ,”Onora il padre e la Madre”).



Lumet attraverso “L’uomo del banco dei pegni” realizza probabilmente il più intelligente film sull’olocausto mai realizzato.
L’olocausto non è infatti un fenomeno storico circoscritto in un periodo, e la sua tragicità si riflette, amplificandosi, proprio quando i suoi effetti si palesano in altre epoche.
L’olocausto trapassa e uccide il tempo, trascinandosi con una inerzia (che è moto perpetuo) nell’animo umano.
Ne “L’uomo del banco dei pegni”, Rod Steiger incarna alla perfezione il concetto fondamentale sopra espresso, diventandone testimone.
La paura, il male, il disgusto, tutte le emozioni legate all’ “olocausto”, non sono così confinate, sigillate,”razionalizzate” in un tempo storico o legate ad una cronaca di fatti che vede i protagonisti muoversi nel tempo degli avvenimenti storici (come invece accade nel 99% del cinema sull’olocausto).
La paura, il male, il disgusto, tutte le emozioni legate all’olocausto, strabordano, dilagano temporalmente, e arrivano nel presente (per non fermarsi).
Con questa scheda speriamo di avervi introdotto efficacemente al cinema di Lumet: un regista che non può mancare nella vostra memoria.

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