lunedì 30 agosto 2021

La ferita mentale dell'occidente post 11 Settembre e vent'anni di crisi continue (2001-2021) (Part 3 - Israele)




Nei primi due articoli (Part 1 - Part 2) abbiamo descritto la politica estera Americana post 1989 improntata al liberismo egemonico. Il mondo allora era unipolare e si credeva la storia avesse preso il suo corso concedendo agli Usa il ruolo di riferimento mondiale. 
Questa politica si è rivelata una mera illusione nei confronti della quale, dopo l'11 Settembre, si è aggiunta la sovrapposizione della politica estera Israeliana con quella del mondo occidentale. 

La guerra al terrore e contro il terrorismo di matrice islamica degli ultimi vent'anni è un imperativo Israeliano e non Americano e tantomeno Europeo. Nonostante questa realtà politica, abbiamo assistito e stiamo assistendo ai continui fallimenti occidentali contro il mondo Islamico. 

Criticare la politica Israeliana o la lobby Aipac a Washington è piuttosto pericoloso. Si finisce sempre per essere additati come antisemiti. In questo caso però è innegabile come l'influenza di Israele sul mondo occidentale post 9/11 sia dannosa per tutti. 

Il supporto che ogni anno Israele riceve dagli Usa non può essere giustificato ne su un livello strategico ne su basi morali ma è semplicemente dovuto al potere della Lobby Israeliana, un gruppo di individui che cercano di influenzare la politica estera Usa in modi che ritengono (spesso a torto) benefici per Israele. 
Dalla fine della guerra fredda Israele non è più un asset positivo per l'occidente ma nessun politico o mainstream media avrà mai il coraggio o la possibilità di dirlo. 
Per dare un'idea dell'immenso potere di questa lobby basti citare quando Steven Rosen (ex dirigente Aipac) mostrò un tovagliolo al giornalista del New Yorker Jeffrey Goldberg dicendoli che avrebbe potuto ottenere in ventiquattro ore la firma di settanta senatori su quel pezzo di carta se avesse voluto. 

Dal 1976 in avanti Israele è il più grande destinatario di aiuti Usa, posizione che da allora non è mai variata. Al secondo e terzo posto ci sono Egitto e Giordania, sempre che si comportino bene con Israele.
Dal 1974 gli aiuti militari sono gratuiti, vengono erogati sotto forma di prestito al cui pagamento il creditore ha rinunciato. Ogni anno sono circa 3 bln di dollari gli aiuti diretti (circa il 2% del Pil di Israele) e altri 10bln in prestiti a tasso agevolato. Per dare un'idea ogni Egiziano riceve circa 20$ di aiuti dagli Usa mentre sono 500$ per ogni Israeliano. 

Questi aiuti e questo incredibile supporto strategicamente ingiustificato sono la radice dell'odio nel mondo Islamico e la base del terrorismo che vede negli Usa una semplice estensione della politica estera Israeliana. In un memorandum sulla situazione medio orientale George Kennan, uno dei più grandi strateghi geopolitici Americani, scrisse nel 1948 che appoggiare gli "estremi" obbiettivi della politica estera sionista sarebbe stato dannoso e avrebbe messo in pericolo la sicurezza degli Usa e occidente. 

Un esempio si ebbe nel 1973. La crisi petrolifera "arma petrolifera" non fu altro che una risposta diretta a Nixon e ai suoi 2.2. miliardi di $ extra concessi ad Israele durante la guerra. 

Shai feldman, capo degli studi strategici allo Jaffe center dell'università di Tel Aviv, ha giustamente analizzato come questi aiuti e supporto non siano giustificabili sotto nessun altro piano se non comprensione e vicinanza post olocausto e la grande abilità delle lobby Israeliane.

Dopo l'11 Settembre gli aiuti si sono allineati alla politica estera vera e propria e ricordando le parole di Sharon di quell'anno durante una visita negli Usa :"Voi in America state affrontando una guerra contro il terrore. Noi in Israele stiamo affrontando una guerra contro il terrore. E' la stessa guerra".

In realtà il problema che l'occidente ha con il terrorismo è proprio in larga parte derivato da questo incondizionato e sproporzionato aiuto e supporto ad Israele. 

Sarebbe il momento di rivedere le posizioni riequilibrandole per porre definitivamente la parola fine alla "War on Terror". 

Un esempio di questo antagonismo strategico riguardante le vicende odierne in Afghanistan. 
L'interesse di Israele è che gli Usa restino a combattere e che Isisk continui con altri attentati come quello dell'aeroporto.  Mentre l'interesse degli Usa e dell'occidente sarebbe quello di andarsene e lasciare la patata bollente in mano a Russi - Cinesi e Pakistani. 

Un ulteriore esempio invece futuro sarà lo sviluppo nucleare Iraniano. 
Anche qui gli Usa e l'Occidente potrebbero benissimo, se accettano il Pakistan, l'India e la Cina, convivere con un Iran nucleare.
Per Israele il rischio di non essere la sola potenza nucleare della regione (circa duecento testate attive e si rifiuta di firmare qualsiasi trattato di non proliferazione altresì imposto a tutti gli altri paesi del mondo) sarebbe invece inaccettabile.

Oltre a tutto ciò non dimentichiamoci che Israele per raggiungere i propri obbiettivi ha già dimostrato di non avere alcuno scrupolo come accadde durante l'Affare "Lavon" nel 1954. In quell'occasione agenti Israeliani bombardano uffici governativi in Egitto per creare discordia tra Washington e il Cairo.

Per approfondire questo tema che in Occidente zero politici e pochissimi esperti hanno il coraggio di affrontare vi consiglio tre libri:

Stephen Walt and John Mearsheimer : The Israel lobby and U.S foreign policy
Nor Aishah Hanifa: The power of Aipac