mercoledì 27 giugno 2012

Io, nella mia immagine intricata


Dylan Thomas


Io, nella mia immagine intricata, avanzo su due piani,
Modellato con minerali d'uomo, oratore d'ottone,
Costringo il mio spettro nel metallo,
Mi bilancio sui due piatti di questo mondo gemello,
Il mio mezzo spettro in armatura tengo saldo nel corridoio della morte,
Al mio uomo di ferro mi avvicino di sghembo.

Iniziando con la condanna nel bulbo, la primavera svolge i fili,
Raggiante come i suoi arcolai, stagione degli spasmi
Ricamata su un mondo di petali;
Infila linfa ed aghi, annoda sangue e bollicine
Alle radici del pino, suscita l'uomo come un monte
Dalle viscere nude.

Iniziando con la condanna nello spettro, nelle nascenti meraviglie,
Immagine di immagini, mio fantasma di metallo
Che urge attraverso il convolvolo.
Mio uomo di foglie e radice di bronzo, mortale, immortale,
Io, fusione di rosa e maschio impeto,
Creo questo miracolo gemello.

Questa è la sorte della maturità, il naturale pericolo,
Una torre da conciatetti, recinta d'osso e senza padrone,
Non c'è morte più naturale;
Cosi l'uomo senz'ombra o il bove, e il diavolo dipinto,
In un accesso di silenzio arrecano il danno mortale:
Il naturale parallelo.

Le mie immagini incedono negli alberi e nell'obliqua galleria della linfa,
Non c'è andatura più rischiosa, i verdi gradini e la guglia
Salgono sul  rumore dei passi dell'uomo.
Io con l'insetto del legno nella pianta d'ortica,
Nel letto vitreo dell'uva con la chiocciola e il fiore,
Ascoltando il cadere del tempo.

Intricata maturità della fine, i due avversari invalidi,
Diretti in senso orario fuori del porto simboleggiato,
Ritrovando la conclusione d'acqua,
Sul terrazzo dei tisici prendendo il duplice commiato,
Salpano fianco a fianco, avventura di chi parte,
Verso l'arrivo soffiato dal mare.

II.
S'inerpicano sul pinnacolo dei campi,
Dodici venti scontrano presso la bianca schiera che pascola,
In un recinto sul colle accantonano i prati cavalcati,
Vedono lo scoiattolo inciampare,
La lepreggiante lumaca correre pazza attorno al fiore,
Un litigio di alberi e stagioni nella spirale ventosa.

Non appena si tuffano, la polvere precipita,
Ghiaietta cadaverica, si deposita densa e regolare,
La grande strada d'acqua dove la foca e lo sgombro
Girano la lunga arteria marina
Girando al nemico un volto cieco di benzina
Girando il morto senza cavaliere accanto al muro del canale.

(Morte strumentale,
Che spacchi il lungo occhio, e il carceriere elicoidale,
La tomba a chiocciola accentrata in capezzolo e ombelico,
Il collo della narice,
Sotto la maschera e l'etere, mentre fanno sanguinare
La bacinella dei bisturi, il funerale antisettico;

Fa uscire la nera pattuglia,
I tuoi mostruosi ufficiali e l'armata in sfacelo,
II becchino di guardia, di guarnigione sotto i cardi,
Un gallo su un letamaio
Che annunci a Lazzaro la vanità del mattino,
Polvere sia la tua salvezza sotto la terra scongiurata).

Non appena essi annegano, lo scampanio si propaga,
Dal campanile di spruzzi la campana del palombaro
Suona a distesa la scala musicale del Mar Morto;
E, sbattuti in acqua finché il tritone non ciondoli,
Impiccato con alghe di balena, dalla zattera del boia,
Odono i frangenti di vetro salato e le lingue della sepoltura.

(Volgi il perno marino da un lato,
La terra incisa rotante, affinché la puntina del fulmine
Abbagli questa facciata di voci sul piatto girato dalla luna,
Lascia che il disco di cera balbetti,
Reliquia raschiante, le infamie e i molli disonori.
Questi, i registratori dei tuoi anni. Il mondo circolare non si muove).

III.
Essi sopportano l'acqua non morta dove abbocca la testuggine,
Vengono alle torri confitte nel mare, alla fibra che si squama,
Al rapido passaggio del cranio di carne
E al ditale percorso dalle cellule;
Sopportate, o miei sottosopra, che un angelo doppio
Germogli dai forzieri di pietra come un albero ad Aran.

Siate trafitti dal vostro unico fantasma, dal suo aguzzo puntale,
Ottone e immagine incorporea, su uno scettro da buffone
Fissi alla stella nell'angolo di Giacobbe,
Colle di fumo e valle dell'oppiomane,
E Amleto immerso cinque braccia sopra il corallo di suo padre,
Spingendo sul miglio di ferro la vista pollicina.

Sopportate la vista sfregiata dalla stoppia verde-pinna,
Siate infranti dal mare delle navi ancorati ad una corda d'uomo
Viaggio verso il fondo d'ossa tenute in caldo
Nel naufragio del muscolo;
Lasciate, amanti, la stretta, e la lotta di cera vischiosa,
Amate come nebbia o come fuoco nel letto d'anguille.

E nelle pinze del cerchio bollente,
Mare e strumento, catturato nei serrami del tempo,
Ferro del mio gran sangue unico
Nella città colante,
Io, in un vento di fiamma, dalla culla del verde Adamo,
Nessun uomo più magico, attanagliai il coccodrillo.

L'uomo fu squame, uccelli di morte su smalto,
Coda, Nilo, e muso, sellaio dei giunchi,
Tempo nelle case senza ore
Che scuotono il teschio covato dal mare,
E, quanto ad oli e unguenti sul volante graal,
L'uomo svuotato di tutto pianse per i suoi bianchi paramenti,

Mascheratore del Cadavere fu l'uomo, manto imbrigliante,
Suo verboso maestro fu il putrido scandaglio,
 Il mio spettro nel suo nettuno metallico
Modellato con minerale d'uomo.
Questo fu il dio del principio nell'intricato vortice marino,
E le mie immagini urlarono e risorsero sulla collina del cielo.

Da
Thomas Dylan, Poesie
 2007, Einaudi
a cura di Crivelli R. S.