lunedì 30 giugno 2014

La nuova Guerra Italica: Stato Vs Cittadini (soli e divisi)

Per chi ancora non lo avesse capito l'immenso apparato burocratico nazionale è l'unico collante che possa tenere insieme una nazione tanto divisa quanto le contrade di Siena durante il Palio.

E' di alcuni giorni fa la notizia dell'ennesimo sgambetto per piccoli commercianti e consumatori, l'utilizzo del bancomat sopra i 30€. Lo Stato cerca in tutti i modi di salvarsi e salvare i milioni di stipendi (e mazzette) che mantiene a danno e discapito del settore privato e degli Imprenditori. La funzione dello Stato spesso non è solo inutile ma dannosa.

Mentre facevo colazione, stamane, la Barista borbottava ad alta voce dei sogni di ribellione "... Se i commercianti si rifiutassero di acquistare il pos questo problema non esisterebbe, ma quante commissioni dobbiamo ancora pagare alle banche ?..."

Cara Signora ho risposto, perda ogni speranza.  I pochi Italiani rimasti sono ormai vecchi e soprattutto, sono uno dei popoli più codardi e vigliacchi del pianeta. Lo sport nazionale è guardare dallo spioncino della serratura, vivere di nascosto, sognare di nascosto e morire lentamente.

L'Italia ha dominato il mondo per 2.000 anni, abbiamo dato alla civilizzazione moderna tutto quello che ha, ormai quel tempo è passato. I Romani hanno lasciato il loro sangue in Britannia (la loro ultima grande conquista) e questo è finito poi negli Stati Uniti dove ancora utilizzano le aquile. Ma qui non è rimasto nulla Signora, solo le pecore.

Ripubblico questo articolo di Fubini che spiega come mai in Italia, nonostante tutto quello che è stato fatto contro i cittadini, nessuno alzi ancora la voce.



A cura di Federico Fubini

Milano: Dall’inizio della crisi nel 2008 il Pil Italiano è calato dell’8%, circa un milione di posti di lavoro sono andati persi, e gli stipendi sono ancora sotto continua pressione. Nel sud Italia oggi, un giovane – specialmente se donna – con un contratto a tempo determinato è una rarità statistica. E nonostante ciò la coalizione di governo sembra ancora riluttante nell’affrontare questi problemi. L’aspetto che più colpisce della crisi Italiana è quello che NON è successo: i cittadini non sono ancora scesi nelle strade.


L’assenza di queste rivolte può essere parzialmente spiegata dal “cuscinetto di risparmi” accumulato dalle precedenti generazioni. Ma ci sono altre forze che minacciano di spingere l’Italia, come il Giappone , dopo la bolla del 1990, verso un silenzioso declino.

L’esperienza Giapponese – caratterizzata da 20 anni di stagnazione economica – offre importanti lezioni per la crisi nelle democrazie con una popolazione anziana. Durante la decade persa  i governi giapponesi permisero al debito pubblico di schizzare alle stelle e si rifiutarono di affrontare i problemi strutturali.

Infatti i leader Giapponesi avevano pochi incentivi ad affrontare le riforme perchè gli elettori non le chiedevano. La spiegazione è parzialmente data dalla demografia. La società Giapponese è una delle più vecchie del mondo con il 40% della popolazione con più di 54 anni e una media di 45,8.

I risparmi dei cittadini più anziani li permettono di accettare il torpore economico. Quando le banche tagliano i prestiti, la velocità dei consumi cala e i prezzi al consumo anche (deflazione), questo effetto incrementa (momentaneamente) il potere d’acquisto dei pensionati e degli investitori a tasso fisso. E quelli che sono vicini alla pensione sono meno a rischio di perdere il loro posto di lavoro in una economia poco competitiva. 

Così, anche se gli anziani non preferiscono vivere in mezzo ad una crisi, non lo trovano del tutto intollerabile, come lo è invece per i giovani. Gli anziani sono semplicemente più concentrati sul loro potere d’acquisto rispetto alla ripartenza del motore economico.


L’Italia ha attualmente la terza popolazione più vecchia del mondo – 33% hanno almeno 55 anni – e la media ne ha almeno 44,2. Come in Giappone gli anziani hanno dei risparmi da parte. In Piemonte per esempio i risparmiatori con almeno 350.000 € hanno 66 anni d’età di media. Circa 18,6 milioni d’Italiani ricevono la loro pensione mensile (11 milioni meno di 1.000 € al mese), mentre solo 12 milioni di persone sono impiegate con contratti a tempo determinato.

Il malessere in Italia ha aumentato la disparità generazionale. I vantaggi di chi riceve rendite non sono i vantaggi di chi produce merci.

Per esempio, un taglio al cuneo fiscale che favorirebbe gli imprenditori potrebbe richiedere un taglio alle rendite.

Per questo il sistema delle tasse Italiano è strutturato a favore dei risparmiatori. Il 12,5% è applicato sui profitti dei Bot mentre gli imprenditori che rischiano capitale proprio devono pagare più del 50%. Le rendite da tasse immobiliare in Italia ammontano al 2% contro una media OECD del 4%. I proprietari pagano il 15% sugli affitti mentre la manodopera non specializzata paga un 23%.

Ma nello “scontro” tra i redditieri e i produttori sono i primi a vincere anche ai ballottaggi politici. Secondo un sondaggio EMG il 60% dei giovani 18-34 è propenso ad andare a votare mentre il 72% degli over 55 si presenta regolarmente alle urne. I pensionati hanno la più alta propensione al voto 73%. Gli studenti ed i disoccupati la minore.

Non sorprende che siano proprio quelli meglio serviti dai politici ad essere i più propensi al voto. Ma questo cera un circolo vizioso: i giovani diventano sempre più alienati ed estranei ai processi democratici, e i leader politici aumentano le politiche in favore degli anziani.
I recenti sviluppi in Giappone offrono motivo di speranza. La crescente preoccupazione riguardo al progresso Cinese ha incoraggiato il primo ministro Abe verso importanti riforme. Mentre i risultati dell’Abenomics devono ancora essere verificati, le riforme sembrano rinvigorire la stagnante economia Giapponese.
La domanda è: di quale tipo di shock hanno bisogno gli Italiani per domandare e pretendere certe azioni ? L’introduzione dell’euro nel 1999 non è stata sufficiente e nemmeno l’aumento della competitività dei paesi limitrofi. Ma non ci sono alternative o gli Italiani iniziano a domandare a gran voce un cambiamento o la strada del Giappone e la perdita di una decade (forse due) sarà inevitabile.