lunedì 20 marzo 2017

Riflessioni : 2/2/2016

Ciò che è ed è stato non può non essere, quindi anche la morte è, e se è non rappresenta il nulla, non rappresenta la fine, così come nell'essere non vi è alcun inizio.
Ciò che avvalora le nostre vite sensibili, ovvero la porzione di vita percettibile ai sensi, non sono i numeri che la riempiono ma ciò che arricchisce o impoverisce la vita di ogni individuo è la qualità dei pensieri che l'essere è in grado di capire e formulare.
E' la qualità delle domande che è in grado di porsi.
Detto questo, questa abilità nulla ha a che fare con la volontà e nulla ha a che fare con la possibilità del suo raggiungimento da parte di ogni individuo.
E' una qualità selettiva, non è permessa e accessibile a tutti.


L'infinito, immutabile, immanente, l'uno, il tutto che è e non può non essere, non è percepibile attraverso i sensi ma è solo intuibile.
Pochissime persone sono state in grado o sono in grado di sperimentare questa sensazione di infinito.
In grado di coglierla, e forse di fare la cosa più difficile, descriverla e rappresentarla utilizzando vari linguaggi, dalla poesia, alla musica, alla fisica.

Per tutti gli altri si necessita l'utilizzo del mito e della mitologia per rendere comprensibile ai sensi, che sono il nostro immediato per la decifrazione ed esperienza del mondo, quello che è l'infinito, l'eterno.
Ovviamente però il mito non rappresenta la verità di questo tutto ma solo una parte limitata dai sensi stessi che lo riconoscono.