Introduzione
Nel corso della storia, la Gran Bretagna ha svolto un ruolo cruciale nel modellare il panorama geopolitico europeo, costruendo coalizioni per contrastare le potenze continentali dominanti. Dalla Francia di Napoleone alla Germania di Hitler e alla Russia odierna, la strategia britannica è radicata in un imperativo senza tempo: impedire l’unificazione dell’Eurasia sotto un unico egemone. Questo articolo esplora le coalizioni storiche della Gran Bretagna, le sue motivazioni geopolitiche, e sostiene che un’Europa forte e unita rappresenta l’antitesi dell’approccio tradizionale britannico del divide et impera.
Casi storici: l’eredità britannica nella costruzione di coalizioni
Le origini: Luigi XIV e l’equilibrio del potere
La strategia britannica emerse tra il XVII e il XVIII secolo, quando cercò di contenere le ambizioni della Francia di Luigi XIV. Durante la Guerra dei Nove Anni (1688–1697) e la Guerra di Successione Spagnola (1701–1714), la Gran Bretagna finanziò alleanze come la Grande Alleanza (composta dalla Repubblica Olandese, l’Austria e altri) per prevenire il dominio francese. Il Trattato di Utrecht (1713) consolidò il ruolo britannico come "arbitro", garantendo guadagni territoriali e frammentando il potere continentale.Napoleone e le coalizioni del XIX secolo
La campagna più iconica della Gran Bretagna contro l’unificazione continentale avvenne durante le Guerre Napoleoniche (1803–1815). Dopo le vittorie di Napoleone, la Gran Bretagna finanziò e organizzò dalla Terza fino alla Settima Coalizione, sfruttando la supremazia navale e la potenza finanziaria per sostenere alleati come Prussia, Russia e Austria. Il Congresso di Vienna (1815) istituzionalizzò un’Europa multipolare, riflettendo la visione britannica di equilibrio di potere.Le Guerre Mondiali: contenere l’ascesa tedesca
Nel XX secolo, la Gran Bretagna mobilitò coalizioni ben due volte contro una Germania in ascesa. Nella Prima Guerra Mondiale, si alleò con Francia, Russia e poi gli Stati Uniti per contrastare gli Imperi Centrali. Nella Seconda Guerra Mondiale, la leadership di Churchill preservò la Gran Bretagna come ultimo baluardo contro Hitler, culminando nella coalizione alleata (USA, URSS e altri). Entrambi i conflitti sottolinearono l’impegno britannico per impedire la consolidazione eurasiatica sotto regimi autoritari.La Guerra Fredda e dopo: la NATO e la Russia
Nel dopoguerra (post-1945), la Gran Bretagna si ancorò alla NATO, una coalizione transatlantica per contrastare l’influenza sovietica. Oggi promuove una “coalizione dei volonterosi” contro la Russia, unendo alleati NATO e partner globali per schierare forze sul suolo ucraino. Questo riflette il suo schema storico: l’uso di azioni collettive per indebolire una potenza continentale che minaccia l’equilibrio di potere. Non è difficile immaginare cosa accadrebbe se forze "di pace" occidentali venissero dispiegate in Ucraina. Gli ucraini cercherebbero probabilmente di intensificare il conflitto. Se gli americani, ad oggi, non riuscissero a garantire un sostegno risoluto, gli inglesi potrebbero trascinarli in guerra in un secondo momento, dopo una prima battuta d’arresto. Ciò presupponendo il loro stesso modus operandi della Seconda Guerra Mondiale e dei secoli precedenti.
Imperativo geopolitico: la paura di un’Eurasia unificata
La strategia britannica deriva dalla “Teoria del Cuore della Terra” di Halford Mackinder, che avvisava come il controllo delle risorse dell’Eurasia potesse portare al dominio globale. Una potenza continentale unificata potrebbe marginalizzare l’influenza marittima britannica e minacciarne la sicurezza. Pertanto, Londra si è storicamente opposta a qualsiasi entità—che fosse la Spagna asburgica, la Francia napoleonica o l’UE—che rischiasse di unificare l’Europa.
Questo imperativo spiega l’ambivalenza britannica verso l’integrazione europea. Pur promuovendo coalizioni contro potenze continentali, ha resistito a unirsi a un’Europa unita come pari. La Brexit esemplifica questa dualità: uscire dall’UE per mantenere autonomia, sostenendo nel contempo, oggi, la posizione anti-russa della NATO.
Un’Europa forte deve unirsi, non dividersi
L’eredità britannica rivela un paradosso: sostiene azioni collettive contro minacce "esterne" ma teme l’unità interna europea. Un’Europa veramente forte, tuttavia, rifiuterebbe la frammentazione e abbraccerebbe l’integrazione. Un’Europa unita potrebbe gestire autonomamente la sua sicurezza, negoziare con potenze globali ed evitare di essere un pedina nei giochi ed equilibrio altrui.
Invece di aderire al manuale storico britannico—che priorizza la prevenzione della coesione continentale—l’Europa dovrebbe approfondire i legami politici, militari ed economici. Così facendo, trascenderebbe la vecchia logica delle rivalità ed emergerebbe come attore sovrano capace di plasmare il proprio destino.
Conclusione: un’opportunità strategica per l’Europa?
La capacità britannica di radunare coalizioni è a lungo dipesa dall’alleanza con gli Stati Uniti, un partenariato che ha amplificato la sua influenza ben oltre le sue dimensioni. Oggi, però, le priorità americane stanno cambiando. Con l’attenzione degli USA sempre più rivolta all’Asia e correnti isolazioniste interne in ascesa, il ruolo tradizionale britannico come ponte transatlantico si sta indebolendo. Se Londra non potrà più contare sul sostegno di Washington, l’Europa affronta una scelta cruciale: aggrapparsi a un quadro di sicurezza anglo-americano in declino o cogliere il momento per ridefinire la sua strategia geopolitica.
Questo potrebbe essere il momento perfetto per l’Europa di perseguire una politica estera indipendente—che ripristini una cooperazione pragmatica con la Russia. Prima della guerra in Ucraina, Europa e Russia mantenevano legami economici significativi, specialmente nel settore energetico (es. gasdotti Nord Stream) e commerciale. Un’Europa unita, agendo da una posizione di forza anziché di dipendenza, potrebbe esplorare la riapertura di canali diplomatici, condizionati alla de-escalation russa e al rispetto della sovranità. Tale impegno non significherebbe appeasement, ma il riconoscimento che la stabilità a lungo termine in Eurasia richiede dialogo, anche con gli avversari.
I critici sosterranno che fidarsi della Russia è ingenuo. Tuttavia, un’Europa frammentata, dipendente da potenze esterne per la sicurezza, perpetua solo la vulnerabilità. Al contrario, un’Europa politicamente e militarmente integrata potrebbe negoziare con Mosca alla pari, sfruttando il potere economico collettivo per esigere compromessi mentre affronta sfide comuni come il cambiamento climatico, la governance artica e il contrasto al terrorismo.
La strada da seguire
Il manuale storico britannico—dividere, bilanciare e gestire da lontano—è inadatto al mondo multipolare di oggi. Un’Europa forte deve rifiutare la sottomissione a qualsiasi potenza esterna, che siano gli USA, la Russia o una Gran Bretagna in declino. Dovrebbe invece perseguire l’autonomia strategica: approfondire l’integrazione UE, rafforzare le capacità difensive e impegnarsi pragmaticamente con tutti i vicini, inclusa la Russia, alle proprie condizioni.
L’ironia è lampante. Per secoli, la Gran Bretagna ha temuto un’Eurasia unita; ora, il suo declino come intermediario globale potrebbe catalizzare proprio quell’unità europea che a lungo ha resistito. Abbracciando l’integrazione, l’Europa non solo sfiderebbe la vecchia logica britannica di bilanciamento, ma emergerebbe come pilastro sovrano in un mondo turbolento—capace di cooperazione e confronto, come dettano i suoi interessi.
Mentre i britannici continuano il loro secolare gioco di equilibrio, il futuro dell’Europa potrebbe dipendere dal fare esattamente ciò che la Gran Bretagna ha a lungo cercato di evitare: unirsi.
La domanda ora non è più se l’Europa possa permettersi di unirsi, ma se possa permettersi di non farlo.