sabato 28 settembre 2013

Il Cinema di Polanski: l'emblematico ("L'inquilino del terzo piano")

Roman Polanski (e la bellissima) Sharon Tate


A cura di Guido Rovatti

“Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te.”

(Friedrich Wilhelm Nietzsche
                                                                                                          "Al di là del bene e del male")


Ancora una volta il grandioso filoso viene in soccorso: questo suo pensiero è un concentrato di significanza.

Non si può parlare del cinema di Polanski, di nessuno dei suoi film, senza avere ben chiaro quanto sopra scritto.

Sul web : tante recensioni su “L’inquilino del terzo piano” (1976), ma nessuna ha colto il film dalla giusta prospettiva.

Qualcuno sostiene sia egittologia,altri un esempio di paranoia che sfocia nel delirio,altri parlano di reincarnazione,qualcuno richiama l’occulto.

Qualcuno davvero crede che Polanski volesse parlarci della sua passione per l’occulto quando ha fatto “L’inquilino del terzo piano” ?

O che fosse spinto da una grande voglia di terrorizzare gli spettatori quando ha fatto “Rosemary’s baby”?

Chi è Polanski?
Un maestro giocherellone che sperimenta nel genere horror e nel thriller psicologico?




Fatemi uno stramaledetto piacere: se è questo che avete capito di Polanski, allora è meglio che sintonizziate i vostri televisori su un gioco a premi o che andiate a prendere un gelato (al gusto di puffo).

Se non conoscete il suo vero e unico film, che è la sua vita, allora non potrete capire il suo cinema.

Detto ciò, e sperando di non aver urtato la vostra suscettibilità,vi conduco (come se non bastasse), a farvi cogliere le prove a dimostrazione di quanto sopra espresso (ovvero della forte componente autobiografica del suo cinema), per quanto concerne “L’inquilino del terzo piano” (film scelto per questa introduzione, poiché emblematico):

- Polanski ha cambiato le origini del protagonista rispetto al romanzo (da Russo a Polacco).

- Polanski recita il ruolo del protagonista, che è esattamente quello in cui si identifica.

- Nelle versioni italiana, francese e inglese, Polanski ha voluto doppiare sé stesso.

In Francia Polanski si scontrò presto con la scarsa volontà dell'industria cinematografica a supportare un regista polacco (seppur nato a Parigi).
Presto emigrò quindi in Gran Bretagna.


(Quod Erat Demonstrandum)


L’horror, il thriller psicologico,l’occulto, i soggetti dei suoi film, devono intendersi come “effetti”.
“Effetti” di una causa comune: quell’ “Abisso” di cui ci parla Nietzsche.

Polanski ha guardato in quell’ “Abisso” come nessun’altro ha mai fatto nel cinema.

Lo ha fatto senza averlo voluto (fin dall’infanzia),e poi successivamente lo ha fatto per tentare di comprenderlo,di esorcizzarlo, per “contenerlo”. Lo ha fatto per non divenire lui stesso quel “Mostro”.


Curiosità Tecnica nella sequenza di apertura:

“L’inquilino del terzo piano” (1976) è uno tra i primi film a utilizzare la Louma (gru snodata per riprese video, in cima alla quale è fissata una macchina da presa munita di controllo a distanza).

La louma è poi stata utilizzata massicciamente da Spielberg (“1941: Allarme ad Hollywood”) e da Wenders (“L’amico americano”).












Vi lascio alla visione de “L’inquilino del terzo piano”, augurandomi come sempre, che non vi fermiate in superficie, ma augurandomi anche (in questo caso,trattandosi del cinema di Polanski) che possiate essere più forti dell’ ”Abisso”.