domenica 28 settembre 2014

Il giorno in cui Kurt Cobain è morto


Quel giorno lo ricordo bene, ero a scuola. Durante la ricreazione due ragazze sono corse per dirmi che Kurt si era ucciso, si era sparato in bocca. A quel tempo avevo da poco iniziato a suonare la chitarra e in molti conoscevano la mia passione.


Era il 1994, dopo il boom degli anni '80 i '90 erano appena iniziati ma qualcosa nell'aria stava già cambiando. L'idillio e il sogno di ricchezza infinita che aveva caratterizzato il decennio precedente non sarebbe potuto durare.

E così, come spesso accade, sono gli artisti a ricordarci dove ci stiamo dirigendo e quello che stiamo facendo. Così come Andy Warhol negli anni '60 esaltò il pop e la cultura commerciale di massa iniziata nel 1954, Kurt Cobain arrivò come una doccia fredda a ricordarci che le nostre illusioni si sarebbero schiantate sul muro della realtà, quello della natura. In un mondo a spazio finito la ricchezza e la crescita non avrebbero potuto essere infinite.

La fine degli anni '80 e i primi '90 sono stati dei grandi anni per la musica Rock mainstream, sono stati gli ultimi. L'hard rock dei cappelloni ha visto l'esplosione di uno dei gruppi più veri di quell'ondata (Guns 'N' Roses) e poi è arrivato qualcosa di ancora più duro. Non musicalmente parlando, ma più duro e crudo nel messaggio che portava. Una specie di profeta dell'apocalisse. Kurt Cobain.

Sarà un caso che proprio nel 1994 nacquero presso la Jp Morgan i derivati sul credito e si gettarono le basi per il crash finanziario del 2008 che oggi ci sta portando verso l'ennesima guerra mondiale ?

Non lo so ma forse Kurt lo sapeva. Forse sapeva che l'arrivo di Napster avrebbe disintegrato l'industria musicale catapultando in cima alle classifiche solo dei minorenni senza senso ripieni di gossip e scandali costruiti ad arte. Per non parlare di quei patetici Dj il cui "dominio" nella storia della musica sarà tanto breve quanto quello di uno sbadiglio. Uomini ed intrattenitori senza anima, macchine che alimentano macchine e dalle quali verranno presto rimpiazzati.

Ma cosa spinge l'uomo a volere uscire dalla sua umanità e a trasformarsi in una macchina conta numeri ? Probabilmente qualcosa che tu non avevi, paura di morire. La ricerca di una condizione superiore a quella in cui siamo relegati. La nostra mortalità e le nostre limitazioni vengono superate dai numeri e dalle macchine che abbiamo creato, esse operano e continuano ad evolversi oltre la vita.

E così, oggi, è solo attraverso i numeri che gli esseri umani misurano la loro legittimità sociale e il loro "valore".
Per questo la tendenza al dominio globale di tutti i numeri sembra così naturale.

Ma in fondo soffriamo, soffriamo in questo processo di disumanizzazione che senza i numeri e le visualizzazioni non è in grado di riconoscera i simboli più alti dell'esistenza quali la giustizia o la bellezza e cerca solo il numero di iLike per potersi orientare.

Le prossime adorazioni nei festival e nelle discoteche più "in" del mondo le faremo verso le macchine, muoveremo le braccia e ci esalteremo inebriati dalla potenza di quei suoni meccanici fatti di 0 e di 1 mentre alcuni di noi ancora ti penseranno.

A quell'ultima Rock Star.


Michele Rovatti


di Sal Muric Leggi anche: Cosa significa Essere ? e Il terrore della solitudine